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“Mi uccide perché l’ho disonorato”. “Dice che presto mi lascia libera”. Delineano delle ore di paura e di tormento i messaggi letti e resi noti nel corso della 4° udienza del processo al dermatologo ravennate Matteo Cagnoni accusato di aver assassinato a colpi di bastone la moglie Giulia Ballestri. Particolarmente significativa è risultata la deposizione di Stefano Bezzi, l’ultimo compagno della donna, che ha ripercorso le ore che hanno preceduto la morte della stessa spiegando che aveva così tanta paura di essere controllata dal marito che voleva andare via di casa. Quell’abitazione, ribattezzata dall’imputato “la casa delle ombre”, divenuta scenario macabro di sedute spiritiche che Cagnoni stesso avrebbe organizzato per invocare i figli di Mussolini. Giulia, ha raccontato Bezzi che aveva intensificato la relazione con lei dal 2015 dopo che si erano conosciuti da ragazzi tra i banchi di scuola, “aveva paura di bere dalle bottiglie già aperte”, e tremava alla sola idea di quella pistola che il marito custodiva gelosamente nella cassaforte. Dichiarazioni che definiscono un profilo del medico ravennate ben preciso e che non lascerebbero dubbi su quello che pensava la vittima prima del decesso. Si sentiva perseguitata tanto che aveva smesso di scrivere al suo nuovo compagno su Wathsapp passando alla chat di Instagram, ritenuta più sicura. In tutti i messaggi una sola certezza, e cioè che Cagnoni l’avrebbe uccisa facendo del male ai suoi genitori o a lei stessa perché disonorato dal suo tradimento, un tradimento che sì avrebbe dato la libertà alla 40enne ma non quella da tutti auspicata per una nuova vita.