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A Sette anni dalla scomparsa del mio compagno artistico Oliviero Piacenti ho voluto ricordarlo come fotografo. Ho cercato tra le sue cose se avesse lasciato scritto qualcosa sulla sua fotografia ma non c’era niente, forse perchè non ne aveva mai avvertito il bisogno, era scontato che fosse fotografo come respirare. Posso però trasmettere cosa fosse per lui la fotografia, perché tante volte ne abbiamo parlato. Oliviero come me amava la luce caravaggesca, il chiaroscuro, i tagli netti, la luce radente. Fece il suo primo servizio fotografico ufficiale all’età di 17 anni, era il giorno della mia prima comunione, io avevo sette anni ed ho un ricordo indelebile della voce di mio padre appena finita la cerimonia che mi dice: vieni che Oliviero ti fa una fotografia, ed io vergognosa sbirciai con la coda dell’occhio quel ragazzo dai capelli lunghi castani e i pantaloni chiari a quadrettini con la camicia bianca e le maniche arrotolate. Mi diceva che per lui fare il fotografo era il suo mezzo di sostentamento, che le sue aspirazioni erano altre da sempre ma in fondo al cuore lo sapeva anche lui che la fotografia era stato dopo il teatro il suo grande amore. Oliviero trasfondeva la fotografia in ogni cosa che faceva, la sapeva cioè guardare sotto la luce giusta e soprattutto dalla giusta prospettiva e inquadratura. Ricordo che un giorno mi portò con lui a ad un servizio per un matrimonio, mi mise in mano la macchina Nikon con dentro un rullino in bianco e nero 200 asa e: Scatta, mi disse ed io da pittrice gli risposi: scatto ma faccio quadri e lui: è proprio questo che voglio, dipingi ritratti... e così fu, da quel giorno non mancai un servizio fotografico per anni, divenendo la sua ArtDirector. In quegli anni ho colto molto di lui come fotografo, soprattutto riusciva a cogliere il bello anche dove non c’era, alla giusta angolatura anche un difetto poteva diventare interessante. Fu così che un giorno mi convinse a fargli da modella, era il 24 agosto 1995 un giorno che non si può dimenticare, ne nacque un racconto fotografico a due mani di prosa e fotografia… tal che mettendomi davanti le mie foto, io non riuscivo a credere che fossi davvero io, lo guardai esterrefatta : ma sono io questa? e lui mi disse: le mie foto di ritraggono come io ti vedo. Capii che mi vedeva perfetta per quanto non lo fossi, anzi tutti sappiamo che son anche menomata ma da qual giorno sono riuscita a guardarmi allo specchio in modo diverso, scoprendomi bella, solo dopo che lui mi aveva fatto specchiare nelle sue fotografie dove apparivo senza difetti, era questa la sua magia, vedere il bello in ogni cosa e saperlo fissare in uno scatto, in un clik. Ricordo di spose che venivano a ritirare l’album di nozze e guardandosi uscivano dal suo studio incredule e felici come mi sono sempre sentita io. Ne ho dedotto quindi che era un altro dei suoi doni quello di rendere felici le donne solo facendole specchiare nei suoi ritratti. A dimostrazione di questo un altro episodio mi sovviene, un giorno mi disse hai le calze di nailon? Ovviamente mi misi a ridere, seguitò con: te le puoi togliere che mi servono? Risata ancora più forte, poi mi spiegò che era un effetto speciale per attenuare le rughe e dare un aspetto etereo al viso di una signora che doveva venire a fare le foto tessera, era un filtro… le 15 denari erano perfette, mentre quelle troppo pesanti non andavano bene. Piccoli aneddoti sulla fotografia I ritratti, i paesaggi, le figure in movimento, sempre cogliendo attimi di buio o di luce unici ed irripetibili, emozionanti . La sua fotografia non era perfetta ma vibrava