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La chirurgia robotica è una tecnica operatoria non invasiva. Vuol dire che non si interviene a ‘cielo aperto’, ovvero tagliando la cute nella zona dell’intervento. Con l’ausilio del robot si praticano piccoli fori nell’addome ed il medico guida le braccia meccaniche al posto delle sue mani. L’urologia è la branca che da almeno 10 anni è stata pioniere in questa tecnica e che vede i chirurghi italiani tra i più bravi operatori nel Mondo. In origine è stato il tumore alla prostata a beneficiarne, soprattutto risparmiando al paziente la prostatectomia radicale e i suoi ‘fastidiosi’ (eufemismo) effetti collaterali, quali l’impotenza e l’incontinenza. Senza considerare l’aspetto positivo di una degenza ospedaliera ridotta alle sole 24 ore. “Per quanto riguarda il rene” – come spiega il dr. Giuseppe Simone, responsabile UO di Urologia presso l’Istituto Nazionale Tumori Regina Elena in Roma – “la ‘robotica’ permette una chirurgia conservativa, di risparmiare l’organo ed intervenire solo sulla neoplasia. Solo pochi anni fa si era costretti all’asportazione dell’intero rene. L’intervento non incide sugli aspetti oncologici ma soprattutto è favorevole alla funzione renale, soprattutto per i giovani e per la qualità della vita. Diverso e più recente è invece il campo d’intervento nell’ asportazione della vescica. I centri specializzati in Italia non sono ancora molti” – chiude il dr. Simone. “Qui si pratica la ricostruzione intracorporea della derivazione urinaria, perché non sempre è possibile creare una neovescica. I vantaggi sono nel basso tasso di trasfusioni necessarie, a fronte infatti del 40% in interventi standard si scende a sotto il 20% con il robot”. Ne parla il dr. Giuseppe Simone, Responsabile UO di Urologia, INT Regina Elena (Roma). Guarda l’articolo su MedlifeTV ➡️ https://bit.ly/36VqInm Seguici su Facebook ➡️ / medlife.blog Seguici sul Blog ➡️ https://medlifetv.it/