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VERDI: La forza del destino. Scala dal 7-12-24 al 2-1-25. A cura di GUIDO ENNIO MOLINARI. Parte II. "La forza del destino" è un melodramma in 4 atti di Giuseppe Verdi su libretto di Francesco Maria Piave tratto da “Alvaro o la forza del destino” di Ángel de Saavedra (1791-1865). Ve la propongo perché aprirà la stagione scaligera 2024-25. Il direttore è naturalmente RICCARDO CHAILLY. Il regista Leo MUSCATO ambienta l'opera partendo dalla metà dell'800 fino alla Grande Guerra. Proseguo con la Parte II. Atto III – Quadro I. Sono passati alcuni anni e siamo in Italia, vicino a Velletri, dove si affrontano gli spagnoli e gli imperiali. È notte. Don Alvaro è capitano dei granatieri spagnoli e, non potendo sopportare oltre le sue sventure, spera di morire sul campo. Assolo di clarinetto, il più lungo che Verdi abbia mai pensato come introduzione ad un’aria: ben 3’ (2:21). Segue l’aria “La vita è inferno all’infelice” (5:56). Rievocando il proprio passato di orfano, Alvaro, figlio di discendenti della famiglia reale Inca, ripensa alla notte fatale in cui vide per l'ultima volta Leonora, e, convinto che la giovane sia morta, le chiede di pregare per lui.Ad un tratto, sente il lamento di un soldato in difficoltà, accorre in suo aiuto e gli salva la vita: l'uomo altri non è che don Carlo, che però non riconosce il giovane indio. I due si giurano eterna amicizia. Riprende lo scontro tra le due fazioni e Alvaro viene ferito seriamente. Questa volta è Alvaro stesso che cade ferito e viene trasportato da don Carlo (12:21). Alvaro affida a Carlo una valigia con un plico sigillato contenente un segreto che non dovrà mai essere rivelato: alla sua morte il plico dovrà essere bruciato. Carlo giura di farlo, ma una volta rimasto solo ("Morir tremenda cosa", 17:21), insospettito dall'orrore provato dall'amico al nome dei Calatrava, apre la valigia, dentro la quale trova un ritratto di sua sorella Leonora. Aria: "Urna fatale del mio destino", 19:46). Quando il chirurgo comunica che Alvaro è fuori pericolo, Carlo esulta: finalmente potrà riscattare l’onore dei Vargas (23:40). QUADRO II – Alvaro è ormai convalescente, ma pur sempre oppresso da un inconsolabile dolore: vedendo confermati i propri sospetti, Carlo vuole sfidare don Alvaro a duello. Alvaro dice che Leonora è ancora viva e chiede a Carlo di sospendere ogni odio consentendogli di sposarla. Carlo però è irremovibile. Ritroverà la sorella, ma al solo fine di punirla del suo peccato. I due hanno già incrociato le spade quando sopraggiunge la ronda, mentre Carlo è trascinato via furibondo, Alvaro scappa e trova rifugio in un monastero (27:20). Ormai è giorno. Nell'accampamento, intanto, ricomincia la vita di sempre (36:20): la zingara Preziosilla predice il futuro e incita i soldati alla battaglia. I soldati cominciano a bere e fanno ressa intorno a Trabucco, che sbarca il lunario facendo il venditore ambulante ("A buon mercato", 38:50). Alcuni contadini affamati chiedono pane, mentre giungono le reclute, ai quali si offre del vino. Preziosilla incita tutti a non avvilirsi e a inneggiare alla guerra, ma mentre gli animi si accendono, giunge fra Melitone del convento della Madonna degli Angeli, che si scandalizza per un tale comportamento lascivo. I soldati vorrebbero conciarlo per le feste, ma Preziosilla interviene, esortandogli a impiegare le loro energie contro il nemico e per la gloria («Rataplan», 43:42). Atto IV – Sono passati oltre 5 anni. Nei pressi del Monastero degli Angeli il frate Melitone (bar) distribuisce la minestra ai poveri. Questi, lamentandosi per il suo comportamento sgarbato, rimpiangono l'assenza del padre Raffaele, il nome scelto da don Alvaro nell'entrata in monastero. Lo stesso padre Raffaele è richiesto da don Carlo, che, scoperto il nascondiglio di don Alvaro, lo sfida nuovamente a duello. In un primo momento don Alvaro rifiuta il confronto ma, sentendosi chiamare codardo e mulatto, si prepara ad incrociare nuovamente il ferro con lui (46:56). Presso la grotta dove si è ritirata, Leonora, riconoscendosi ancora innamorata di don Alvaro, piange il proprio destino. Sentendo improvvisamente dei rumori nelle vicinanze, si rifugia nel proprio abituro, ma è richiamata proprio da don Alvaro che, avendo ferito don Carlo a morte, cerca un confessore per dare all'agonizzante gli ultimi conforti (53:48). Terrorizzata, Leonora chiama aiuto ma, inaspettatamente riconosciuta dal giovane, si accinge a ricongiungersi con lui. Messa a parte del ferimento di don Carlo, tuttavia, si precipita da lui che, ancora ossessionato dal desiderio di vendetta, la pugnala. Raggiunta dal Padre guardiano, Leonora spira tra le braccia di don Alvaro, augurandosi di ritrovarlo in cielo. Egli, rimasto solo sulla terra, maledice ancora una volta il proprio destino. L’opera termina in ppp e in lab magg. (1:00:43). Organico orchestrale: 3 fl (II anche ott), 2 ob, 2 cl, cl bas, 2 fg, 4 cor, 2 tr, 3 trbni, cimbasso, tp, tamb, piatti, g.c. 2 arpe, archi. Sul palco: organo, 6 tr, 4 tamb.