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Catechesi di Don Luigi Maria Epicoco propone l’Avvento come “tempo forte” non perché la conversione valga solo in certi periodi, ma perché in essi essa diventa più consapevole e concreta: la grazia dei misteri di Natale e Pasqua non è un ricordo, ma un evento che dialoga con il nostro presente, con fragilità, desideri, delusioni e progetti. In questa luce, Francesco d’Assisi è presentato come uomo “d’Avvento”: la sua conversione nasce quando scopre che tutto ciò che promette compimento (mondano o persino “santo”: ministeri, missioni, opere) resta penultimo, mentre solo Cristo è l’Ultimo capace di colmare il desiderio umano. Da qui nasce la “relatività cristiana”: tutto è vissuto intensamente, ma senza assolutizzarlo; successi e fallimenti non impediscono la venuta di Cristo, e questo genera letizia, umiltà e libertà. Il discorso poi legge i consigli evangelici come tre chiavi d’Avvento nel carisma francescano. La povertà non è solo privazione di beni, ma custodia delle “sedie vuote” (mancanze, ferite) perché siano spazio per Cristo e non vengano riempite da surrogati. La castità non coincide con la sola continenza: è capacità di amare fino al dono di sé, dentro legami reali e non in un “cristianesimo senza Chiesa”; è gratuità che ama anche chi non “merita”. L’obbedienza, infine, non è mera esecuzione, ma ascolto del Vangelo che forma coscienza e mentalità; solo da questa obbedienza nasce quella fraterna, con discernimento tra coscienza e orgoglio. Così l’Avvento diventa cammino verso il Natale: raddrizzare le attese, difendere la povertà come luogo di nascita di Cristo, vivere comunione e dono di sé, e tornare all’ascolto che rende possibile una santità umile e evangelica.