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Napoli com'era nelle canzoni degli anni cinquanta e sessanta, con bellimbusti sfaticati, bellezze di rione che lasciano incisa nella carne la cicatrice dell’abbandono e sulle giacche macchie di rossetto, ma anche le musiche dei juke box, i calypso, il cha cha cha di Dracula, vampiro dal nero mantello che morde le donne sul collo, l'amicizia e l'amore dei vent'anni nelle chiacchiere in un bar dell’università, con quel nome perduto per sempre, gioventù. C'è un retrogusto leggero e amaro nelle canzoni che Enzo Moscato porge nel suo cd, Modo minore, con sapori melismatici di Spagna gitana e araba, di fontane zampillanti in aranceti profumati e umori carichi di vicoli asfissianti dove ci si arrangia e si cerca di mostrarsi splendenti per sbarcare la vita. Modo minore è una dichiarazione di poetica, uno sguardo acuto verso struggimenti che dalla città-sirena rimanda continuamente alla grande area musicale mediterranea che in quella modalità musicale intona le proprie malinconie, le fughe verso orizzonti aperti e interiori; ed è dichiarazione di rifiuto degli orpelli, per esserci, discreti e intensi, delicati ed essenziali, asceticamente incrinati e sorridenti in un mondo di superfetazioni. Aveva iniziato a cantare nel 1994 con Embargos, concerto manifesto, nel quale rifletteva sull’atto di intonare con queste parole, che estraggo da un vecchio Patalogo. Annuario ’94 dello spettacolo (Ubulibri): “ […] sono state sufficienti le catene, i ceppi, i lacci, sbarre, grate, finestre inginocchiate, ggelusie, per costringere la gola a espettorare qualcosa di meno bruto e amaro del dolore, di meno zuccheroso e ovvio della gioia. Perché l’anima legata, canta. Il corpo vincolato, si dibatte. Altro non può fare. L’indifferenza, la quiete, appartiene agli stonati. E gli stonati, spesso, si tengono aldiquà della passione, forse ne hanno orrore, come di un precipizio. Che si presenti violenta o dolce, dura o melliflua, mossa da felicità o da mancanza, la passione, gli stonati, nemmeno ci provano a sentirla, preferiscono la stasi, talvolta l’afonia, quasi il ‘rigor mortis’ delle corde, e non cantano, e, se cantano, cantano da liberi, non da prigionieri, cantano assai male. Come cantano i padroni, i bianchi, i caporali, gli aguzzini, i sorveglianti. O chi non parte, chi sta fermo, chi non va a emigrare”. Modo minore, testi e interpretazione Enzo Moscato, progetto, elaborazioni e direzione musicale Pasquale Scialò, disegni Mimmo Paladino. Massimo Marino doppiozero.com Web Radio Associazione Vitanova #Generazioni #Ritratti (Che cos’è un’emozione?), a cura di Silvana Guida