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La neoplasia di cui parliamo oggi è il tumore dello stomaco. Rappresenta una realtà a sé in termini di esigenze nutrizionali? E qual è il ruolo del Nutrizionista Clinico? Risponde la Prof.ssa Maria Cristina Mele, Direttore UOC Nutrizione Clinica, Policlinico Gemelli IRCCS. Per saperne di più https://www.mariacristinamele.it/ “Portiamo sotto la luce dei riflettori una neoplasia che è altamente curabile quando presa in tempo, facilmente accessibile dai moderni mezzi diagnostici. Quindi, prevenzione significa vivere, significa permettere una radicalità assoluta nella sua storia clinica: parliamo del tumore dello stomaco. Un tumore che è tante cose insieme, ovviamente, una delle neoplasie che - attraverso enormi sforzi di prevenzione – permette a tutta l’equipe interdisciplinare di avere un accesso veloce al paziente, che può essere radicalmente guarito. Perché prevenzione? Perché questo tumore è molto spesso subdolo, come molte neoplasie del tratto gastrointestinale, che danno sintomi solo quando sono un po’ avanzate. Ma il tumore dello stomaco ha la fortuna, per il paziente e per chi deve diagnosticarlo, di essere anatomicamente raggiungibile con estrema facilità, oggi, attraverso le endoscopie. Che possono essere effettuate non per andare a cercare un tumore ma perché il paziente ha sintomi di reflusso, di gastrite, perché può avere una storia familiare che ha già presentato nel suo percorso altri casi di tumore gastrico, e quindi il medico consiglia precocemente un esame endoscopico. Che dura in mani esperte (e ormai ce ne sono moltissime nella nostra penisola per lo sviluppo che ha avuto questo esame, grazie alla tecnologia). È una procedura che dura pochissimo, ma che permette di fare una diagnosi precoce, direttamente con prelievi sulla mucosa gastrica, indirizzando immediatamente la terapia. Lo stomaco, insieme all’esofago, è il primo organo che accoglie il cibo di cui ci alimentiamo, quindi avere un’alterazione in quest’area, ovviamente, riduce/modifica/trasforma il flusso degli alimenti, quindi dei nutrienti, nel nostro apparato gastrointestinale. Questo lo sanno molto bene i chirurghi, gli oncologi, perché se il loro intervento non è precoce, il paziente presenta, come prima manifestazione, sintomi di malnutrizione. Segni di difficoltà nella gestione del cibo, segni di tutti quei quadri che spesso noi trattiamo con l’antiacido ma che, quando l’antiacido non fa più effetto e abbiamo difficoltà ad alimentarci e perdiamo peso, ci segnalano che la neoplasia dello stomaco ha già preso il sopravvento. Questo non vuol dire che poi non possa essere curabile, ma è una delle neoplasie – insieme al pancreas – più impattanti sullo stato nutrizionale. Perché? Oggi abbiamo sviluppato, oltre alle tecniche chirurgiche, molte delle quali sono endoscopiche nella diagnosi e laparoscopiche nella terapia radicale, tecniche per cui i giovani chirurghi sono abituati a intervenire laparoscopicamente più precocemente possibile - quando c’è l’indicazione dal team – per l’intervento chirurgico. E poi ci sono grandi passi avanti nelle terapie mediche, cioè nelle chemioterapie. Ma in tutto questo percorso il paziente soffre di difficoltoso approccio al cibo: dopo l’intervento chirurgico, che a volte è stato preveduto da una chemioterapia, il paziente fa fatica ad alimentarsi, perché la sua anatomia è stata cambiata: da un recipiente che accoglie il cibo noi abbiamo delle trasformazioni anatomiche, dove il chirurgo ha sollevato verso l’alto delle anse intestinali per ripristinare la continuità interrotta dall’asportazione (totale o parziale) dell’organo. Il volume del cibo deve essere modificato, la quantità di cibo deve essere distribuita lungo tutta la giornata, il paziente non riesce più a mangiare con soddisfazione. E spesso, a un mese dall’intervento chirurgico, deve essere nuovamente avviato alla cosiddetta “chemioterapia coadiuvante” quando ancora il suo stato nutrizionale è ancora traballante. Per cui non avrà recuperato peso, anzi ne avrà perso ancora, e non sa come alimentarsi. All’interno del team multidisciplinare che regola tutti quanti i team oncologici è fondamentale, è fondamentale (come per il pancreas) la presenza del nutrizionista clinico che accompagni, dal momento della diagnosi fino al completamento delle terapie adiuvanti, se ce n’è bisogno, il percorso del paziente, per impedirgli di andare incontro a un grave stato di malnutrizione, che può purtroppo mettere in dubbio e interrompere il percorso di cura che oggi è estremamente efficace, efficiente e spesso risolutivo per il benessere del paziente. Quindi nel team multidisciplinare non può mancare il nutrizionista clinico.”