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È la notte tra sabato 16 e domenica 17 agosto quando una lite di famiglia si trasforma in tragedia. A cadere sotto quattro coltellate è Jefferson Gabriel Garcia Jimenez, 32 anni, ucciso in piazzale Ferrara a Milano davanti alla figlia di otto anni. A colpirlo, secondo gli inquirenti, il cognato: Bryan José Vera Siguenza, trent’anni, ecuadoriano, disoccupato, con alle spalle diversi precedenti. La violenza esplode durante una festa di compleanno, dove vittima e aggressore si incontrano insieme ad altri parenti. La discussione nasce quando Jefferson insiste per passare la notte con la sua ex compagna, sorella dell’assassino. In pochi minuti le parole lasciano spazio alle botte: calci, pugni, poi il coltello da cucina che Vera Siguenza aveva portato con sé. I fendenti alla schiena non lasciano scampo al 32enne. Le urla attirano i passanti. Alcuni testimoni oculari, come riferiscono ai nostri microfoni, parlano di bottiglie rotte e di grida disperate: «Chiamate l’ambulanza, mio fratello sta morendo». Ma c’è chi avrebbe consigliato di non avvertire subito i soccorsi, contribuendo probabilmente a un ritardo fatale. Dopo l’aggressione l’uomo scappa a piedi, ma viene tradito da un dettaglio. Una bambina indica ai carabinieri la direzione: «Zio è andato di là, era a petto nudo». Poco dopo, in via Bessarione, a duecento metri dal delitto, i militari lo trovano seduto su un pianerottolo. È senza maglia, i pantaloncini e le scarpe sono ancora macchiati di sangue. Non oppone resistenza: «Mi avete preso, sono io. Ho fatto una cavolata». Trasferito in ospedale per lievi ferite, è stato poi portato a San Vittore con l’accusa di omicidio. Ha tentato di difendersi dicendo di aver agito per proteggere la sorella, ma la donna ha smentito, parlando di un’aggressione immotivata. Per lui non è la prima volta: nel 2014 era già stato arrestato dopo una maxi rissa tra bande latine. Ora il passato criminale torna a pesare su un delitto che ha sconvolto i residenti del quartiere Corvetto.