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@palermotravel Piana degli Albanesi a chiana in siciliano è un comune di 5 500 abitanti[3] della città metropolitana di Palermo e’ situata al margine di un altopiano montuoso, sul versante orientale del monte Pizzuta, prospiciente il lago omonimo. È il centro più importante e noto degli albanesi di Sicilia[7], nonché il più grande stanziamento dove da secoli risiede storicamente la più popolosa comunità albanese d'Italia[8][9][10]. Denominata fino al 1941 Piana dei Greci per il rito greco-bizantino professato dai suoi abitanti, è sede vescovile dell'Eparchia di Piana degli Albanesi, circoscrizione della Chiesa italo-albanese, la cui giurisdizione si estende su tutte le chiese insulari di rito orientale. Nel corso dei secoli è stata annoverata fra i maggiori centri attivi e influenti degli italo-albanesi, tutelando e coltivando la memoria storica dell'antica madrepatria. Oltre a essere il fulcro socioculturale, religioso e politico delle comunità dell'isola, ha mantenuto pressoché intatte le proprie peculiarità etniche, quali la lingua albanese, il rito greco-cattolico e i caratteristici costumi originari. Contribuì notevolmente al progresso della cultura e della letteratura albanese con una nutrita schiera di intellettuali, avviando un decisivo processo della storia letteraria d'Albania. La sua antica tradizione musicale e canora bizantina fa parte del Registro Eredità Immateriali della Sicilia, istituito dalla Regione Siciliana e riconosciuto patrimonio dell'umanità dall'UNESCO[19][20]. L'amministrazione comunale utilizza nei documenti ufficiali anche l'albanese, ai sensi della vigente legislazione che tutela le minoranze etno-linguistiche[21]. Le attività economiche prevalenti sono l'agricoltura, la pastorizia, l'artigianato e il turismo. La fondazione di Piana degli Albanesi risale alla fine del XV secolo quando, in seguito all'invasione della penisola balcanica da parte dei turchi ottomani, numerosi gruppi di profughi albanesi cercarono rifugio nelle vicine coste dell'Italia meridionale, dove si stabilirono fondando un cospicuo numero di nuovi insediamenti rurali. L'esodo e il sorgere di queste comunità ebbe inizio soltanto dopo la morte del loro condottiero Giorgio Castriota Skanderbeg, «l'eroico difensore dell'indipendenza albanese contro l'invasione ottomana nel sec. XV.»[38][39]. La diaspora non avvenne nello stesso periodo né massicciamente, bensì gradualmente, con singoli gruppi che emigravano in Italia man mano che lo permettevano il pericolo della guerra e la possibilità di fuga. Non si trattò dunque di una fuga precipitosa, ma di una emigrazione obbligata dalle difficili condizioni della guerra . Gli albanesi di Piana degli Albanesi diedero vita alla loro diaspora verso la Sicilia intorno al 1485. Dopo aver difeso la propria terra, trovarono rifugio nell'isola abbandonando la madrepatria. Grazie all'appoggio della Repubblica di Venezia, Sorse da principio alle falde dell'erto monte Pizzuta, accampati inizialmente in tende e pagliai, nel luogo in cui nel 1488 verrà costruita la chiesa rurale di Ss. Maria Odigitria, ma i suoi fondatori, costretti dall'eccessiva rigidità del clima, si spostarono appena più a valle in prossimità della pianura sottostante. . Nel modo di insediarsi si individua questa specificità legata alla cultura albanese: l'aggregarsi di famiglie appartenenti alla stessa stirpe per gruppi all'interno di quartieri che prendono nome dalle chiese, dalla piazza pubblica e dalle medesime famiglie. Il centro abitato si è quindi sviluppato su più quartieri, seguendo la morfologia montuosa del territorio. Il 1º maggio 1947, giorno locale di inizio della quindicina di preghiera alla Odigitria come di tradizione bizantina, nella località comunale di Portella della Ginestra, il bandito Salvatore Giuliano sparò contro i contadini inermi di Piana degli Albanesi, e di alcuni paesi limitrofi, che celebravano la consueta festa del lavoro. Fu la prima strage di mafia dell'Italia repubblicana, in cui morirono quindici persone e altre cinquantasei vennero ferite[72]. Nel corso del tempo gli abitanti, grazie alla loro tenacia e alle proprie istituzioni culturali, sociali ed economiche, hanno mantenuto inalterata la propria originaria identità etnico-linguistica e religiosa, conservato gelosamente le proprie radici culturali quali la lingua, il rito, i caratteristici costumi femminili riccamente ricamati, gli usi e le tradizioni. Ancor oggi è inalterato l'attaccamento alla tanto amata madre patria, sempre vivo nelle popolazioni italo-albanesi[83]. s. demetrio La cattedrale è l'edificio di culto più grande e importante dell'eparchia[3], dove ha sede il primo patrono della città e della diocesi. Sede delle principali manifestazioni del culto di rito bizantino e delle solenni funzioni come per i riti dell'Epifania della Grande e Santa Settimana e quindi della Pasqua o del Natale - è il luogo della consacrazione e proclamazione del vescovo degli albanesi di rito orientale dell'Italia insulare.