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Preliminarmente, il tema di oggi c’impone di tratteggiare le differenze tra la figura del mediatore e quella del procacciatore d’affari. Partendo dalla prima, giova ricordare che l’art. 1754 cod. civ. non definisce la mediazione, ma si limita a delineare la figura del mediatore come colui che ‘‘mette in relazione due o più parti per la conclusione di un affare, senza essere legato ad alcuna di esse da rapporti di collaborazione, di dipendenza o di rappresentanza’’. Elemento caratterizzante di questa figura è la posizione di assoluta indipendenza e autonomia rispetto ad entrambi le parti dell’affare; ed infatti da ciascuna di esse ha diritto alla provvigione. Inoltre, può definirsi mediatore soltanto chi, avendo i requisiti stabiliti dalla legge per l’esercizio di tale attività, è iscritto nell’apposito ruolo istituito presso ogni Camera di commercio. Giova ricordare che, oggi, a seguito dell’abrogazione del ruolo dei mediatori ad opera dell’art. 73 del D.Lgs. n. 59/2010, è necessaria invece la segnalazione certificata di inizio attività alla Camera di commercio, con successiva iscrizione nel registro delle imprese, oppure nel repertorio delle notizie economiche e amministrative, che è quindi in buona sostanza equiparata alla vecchia iscrizione nel ruolo dei mediatori. Invece, venendo alla seconda figura, il procacciatore d’affari (o mediatore atipico o anche detto unilaterale) che è colui che si obbliga verso corrispettivo a promuovere la conclusione di affari fra il soggetto da cui ha ricevuto l’incarico (e nel cui esclusivo interesse agisce) e soggetti terzi. Quello che manca, primariamente, in detta figura è il requisito della terzietà. Il procacciatore, infatti, non svolge un’attività disinteressata, ma cura sostanzialmente gli interessi di colui che gli ha conferito l’incarico (il preponente per l’appunto). L’attività di procacciamento d’affari, inoltre, si ‘‘caratterizza dall’assenza di subordinazione e dalla mancanza di stabilità; e in quest’ultimo aspetto della stabilità l’attività di procacciamento d’affari si differenzia dal contratto d’agenzia, in cui invece l’agente opera "stabilmente” in favore di un determinato preponente. Ciò posto, attesa la differenza tra questa figura del procacciatore d’affari e quella del mediatore, è necessaria l’iscrizione del primo nel ruolo dei mediatori (ora nel registro delle imprese o nel REA), per poter validamente richiedere il pagamento del compenso per l’attività d’intermediazione svolta? Sul punto si sono registrati due orientamenti giurisprudenziali totalmente contrapposti. Secondo il primo orientamento, poiché mediatore e procacciatore si distinguono per la posizione di imparzialità (o meglio di terzietà) del primo rispetto al secondo – trattandosi, pertanto, di due figure ontologicamente differenti – il procacciatore d’affari non e` soggetto all’applicazione in via analogica dell’art. 6 legge n. 39 del 1989: ne consegue quindi che l’iscrizione negli appositi registri o repertori per questa categoria di professionisti non costituisce presupposto legale per il sorgere del diritto alla provvigione. A questo primo indirizzo si contrappone, tuttavia, quello sposato dalle Sezioni Unite con la sentenza 2 agosto 2017 n. 19161 che oggi stiamo commentando; che afferma, al contrario, che indipendentemente dalla natura giuridica delle due figure in questione, ossia quella del mediatore e quella del procacciatore, pur dovendosi affermare la loro autonomia, identico e` il loro nucleo essenziale, costituito dall’attività di intermediazione fra più soggetti, diretta a favorire fra gli stessi la conclusione di un affare, con conseguente quindi applicazione di alcune identiche disposizioni in materia di diritto alla provvigione. In quest’ottica, la figura del procacciatore viene fatta rientrare nell’alveo di applicabilità della legge n. 39/ 1989, la quale disciplina anche ipotesi atipiche di mediazione. Ne deriva che lo svolgimento dell’attività di procacciamento d’affari (qualificata come mediazione atipica) richiede l’iscrizione all’albo degli agenti d’affari in mediazione (ora, nel registro delle imprese o nel REA). Con l’ulteriore conseguenza che il suo compimento in difetto di questa condizione esclude il diritto alla provvigione per il caso in cui oggetto dell’affare siano stati beni immobili o aziende. Oppure, laddove oggetto dell’affare siano altre tipologie di beni – e segnatamente beni mobili – l’obbligo di iscrizione sussiste solo per chi svolga detta attività in modo non occasionale e quindi professionale o comunque continuativo. ======================================================= Iscriviti al mio Canale qui / @videotubesosavvocato Visita il nostro sito http://www.sos-avvocato.it Seguici anche su Facebook / sos.avvocato.it Seguici su Twitter / sos_avvocato_it