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scriversi al canale YouTube di Aipo per restare aggiornati - Periodico n 52 del 26 dicembre 2025 Fase fenologica: riposo vegetativo. Difesa fitosanitaria: umidità e malattie In questi mesi umidi e nebbiosi, l’olivo può sembrare fermo, ma alcune malattie continuano a lavorare silenziosamente. Tra queste, l’occhio di pavone è una delle più diffuse e dannose, provoca macchie sulle foglie, ingiallimenti e caduta anticipata della vegetazione, indebolendo la pianta e riducendo la produzione. Il problema è che, nelle fasi iniziali, l’infezione non si vede, le foglie sembrano sane, ma il fungo è già presente. Per questo, è possibile utilizzare il metodo Loprieno e Tenerini, un test di media difficoltà, da attuare tra gennaio e marzo, permette di scoprire in anticipo se le foglie sono infette, anche quando non mostrano ancora sintomi. Si basa sull’immersione delle foglie in una soluzione al 5% di idrossido di sodio o di potassio, posto in un contenitore di vetro resistente. Si prelevano delle foglie giovani da diverse esposizioni della chioma, includendo varietà sensibili e aree umide dell’oliveto. Sono da evitare foglie già con sintomi. Per preparare la soluzione si sciolgono 50g di soda o potassa in 1 litro d'acqua per ottenere la concentrazione al 5%. Si porta la soluzione a una temperatura di circa 50-60 °C. si immergono le foglie nella soluzione calda per un tempo che varia dai 2 ai 5 minuti. Se si usa la soluzione a freddo, i tempi si allungano sino a 12-24 ore, ma il risultato è lo stesso. Si estrae le foglie e si osservano, se la pagina superiore della foglia rimane uniformemente giallastra o verde pallido non vi sono infezioni, invece la foglia è infetta se appaiono delle macchie nere circolari (gli "occhi") ben definiti. Interpretazione dei risultati % Foglie infette Stato di allerta Azione Consigliata 0% - 15% Basso Monitoraggio normale 15% - 30% Moderato Soglia di attenzione. 30% Alto Stato d’infezione e rischio di filloptosi (caduta foglie). Coniugare qualità dell’olio e salute dell’oliveto La produzione di oli extra vergini ad alto valore sensoriale e nutraceutico si basa sempre più sulla raccolta precoce, spesso anticipata alle prime fasi dell’invaiatura. In questo momento, il frutto esprime il massimo potenziale biochimico, ma la pianta non ha ancora completato i processi fisiologici che facilitano il distacco e proteggono i tessuti. La ricerca della qualità, dunque, si intreccia con un inevitabile costo fisiologico per l’olivo, che deve affrontare traumi meccanici, stress metabolici e un aumento della vulnerabilità ai patogeni. Comprendere i meccanismi biochimici che governano la qualità dell’olio e la risposta della pianta è essenziale per gestire in modo sostenibile questa fase critica. Biochimica della qualità Durante l’invaiatura, il metabolismo secondario del frutto raggiunge il suo apice. I secoiridoidi glicosilati, tra cui l’oleuropeina, rappresentano il principale serbatoio fenolico dell’oliva. La loro concentrazione è massima nelle fasi precoci e diminuisce progressivamente con la maturazione. Questi composti sono responsabili delle note amare e piccanti dell’olio e svolgono un ruolo determinante nella stabilità ossidativa. Parallelamente, la via della lipossigenasi (LOX) è particolarmente attiva nelle olive verdi e invaiate. L’enzima LOX catalizza l’ossidazione degli acidi grassi polinsaturi (principalmente acido linolenico e linoleico), generando idroperossidi che vengono successivamente trasformati da idroperossido-liasi (HPL) in aldeidi e alcoli C₆. Questi composti volatili sono responsabili dei sentori erbacei, vegetali e fruttati tipici degli oli di alta qualità. Con l’avanzare della maturazione, l’attività della LOX diminuisce e il profilo aromatico perde intensità. I tocoferoli, in particolare l’α tocoferolo, raggiungono concentrazioni elevate nelle fasi precoci e contribuiscono alla protezione antiossidante dell’olio, interagendo sinergicamente con i fenoli per prevenire l’irrancidimento. La formazione dell’oleocantale Un aspetto cruciale riguarda la formazione dell’oleocantale e dell’oleaceina, Queste molecole non sono presenti nel frutto come tali, ma si formano prevalentemente durante la frangitura e la gramolazione. La rottura dei tessuti cellulari libera β glucosidasi che idrolizzano l’oleuropeina e il ligustroside, generando agliconi instabili. Questi agliconi subiscono successivamente riarrangiamenti chimici e ossidazioni enzimatiche (esterasi, ossidoreduttasi), dando origine a oleocantale e oleaceina. La quantità finale di questi composti dipende da tre fattori principali: la concentrazione dei precursori nel frutto, l’integrità delle olive e la gestione tecnologica della molitura. I danni meccanici alle drupe, attivando polifenolossidasi (PPO) e perossidasi (POD), accelerano l’ossidazione dei precursori fenolici e riducono la formazione di oleocantale. Tel. 045 8678260 @aipoverona Iscriversi al canale YouTube di Aipo per restare aggiornati -