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Nacque nel 1920 a Malé, in Val di Sole, secondo di dieci figli.[1] A diciotto anni lavorò al passo del Brenneroper una compagnia di trasporti e nel 1940, con l'inizio della seconda guerra mondiale, fu chiamato a prestare il servizio militare in Valle d'Aosta.[2] Rientrato dopo cinque anni dal servizio militare decise, costretto dalla crisi, di imbarcarsi come macchinista su una nave da trasporto e raggiunse Buenos Aires: da qui iniziò la sua lunga permanenza in Argentina. A Buenos Aires cambiò vari lavori (lavapiatti, gestore di un chiosco di bibite, allevatore di polli[2]). Affascinato dalla Patagonia, frequentò gli appassionati di montagna, fondò il primo club alpino argentino e iniziò a una lunga serie di imprese alpinistiche, una su tutte la scalata del Cerro Torre (1959) insieme a Cesare Maestri e Toni Egger, vicenda ancora oggi molto discussa. Nel 1953, a causa del congelamento subito durante la salita dell'Aconcagua, subì l'amputazione di tutte le dita di entrambi i piedi: da quel momento fu costretto ad indossare delle calzature rialzate e corte, tanto da essere soprannominato patacorta(zampacorta).[3] Nonostante l'invalidità, Cesarino continuò ad arrampicare fino ad età avanzata: nel 2001, ad 81 anni, partecipò all'apertura di una nuova via (chiamata poi via Patacorta) sulla parete sud della Cima d'Ambiez. [4] Visse i suoi ultimi anni in Italia, a Malé, dove morì all'età di 87 anni.