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Tra il 1640 e il 1688, il Portogallo affrontò una trasformazione radicale: da monarchia soggetta agli Asburgo a potenza imperiale autonoma. La Restaurazione del 1640 non fu solo un evento politico, ma l’inizio di un processo di rifondazione istituzionale e imperiale. Al centro di questa parabola si colloca la rinascita di un potere monarchico fortemente aristocratico, fondato sul patto tra la nuova dinastia di Braganza e le élite nobiliari, capace di ricostruire lo Stato e riconquistare l’Impero, ma incapace di riformarsi strutturalmente. Il nuovo Portogallo restaurato si dotò di istituzioni complesse – Cortes, Consigli, Camere municipali – per bilanciare il potere del sovrano e cooptare le forze sociali dominanti. Tuttavia, il cuore della legittimazione restava dinastico e nobiliare. La guerra d’indipendenza contro la Spagna (1640–1668) fu uno sforzo immane, ma anche un banco di prova della resilienza politica e militare portoghese. Parallelamente, il conflitto contro l’Olanda e la riconquista del Brasile e dell’Angola ridefinirono l’asse imperiale: non più l’Asia, ma l’Atlantico fu il vero centro del potere lusitano. Il Brasile, devastato dal conflitto coloniale, fu ricostruito attraverso la tratta degli schiavi africani e la rilancio della monocultura zuccheriera. Qui nacque una nuova aristocrazia militare creola, legata a Lisbona ma dotata di forte autonomia. Le colonie africane, come Angola e São Tomé, diventarono nodi fondamentali del traffico transatlantico, mentre le colonie asiatiche vennero progressivamente marginalizzate, conservate più per prestigio che per utilità. Sul piano economico, la monarchia tentò invano di introdurre modelli capitalistici con la Companhia do Brasil, ma la debolezza della borghesia commerciale e l’ostilità delle élite locali decretarono il fallimento. L’Impero restava così basato su capitale straniero, clientelismo, controllo aristocratico e sfruttamento coloniale. Dopo la crisi dinastica con Afonso VI, il potere fu assunto dal fratello Pedro (reggente dal 1667, re dal 1683), che garantì stabilità e il riconoscimento definitivo dell’indipendenza, ma al prezzo di una crescente aristocratizzazione dello Stato. Sotto Pedro, l’impero si consolidò in forma conservatrice, senza riforme profonde, fondandosi su un equilibrio precario tra corona e nobiltà. Il risultato fu un impero aristocratico, atlantico e fragile: forte nella sua rete coloniale, debole nella capacità di modernizzazione. L’assenza di un capitalismo nazionale, la dipendenza dal traffico schiavista e il predominio nobiliare segnarono i limiti di lungo periodo. Ma fu proprio questa formula di compromesso tra tradizione e sopravvivenza a garantire al Portogallo una posizione autonoma nella geografia imperiale dell’Europa barocca.