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legge valter zanardi VIII ELEGIA Dedicata a Rudolf Kassner Con tutti gli occhi la creatura vede l'aperto. Solo i nostri occhi sono all'indietro rivolti e completamente schierati intorno ad essa come trappole intorno al suo libero esito. Ciò che è fuori lo sappiamo soltanto dal viso dell'animale; e già fin dall'inizio il bambino lo si piega, lo si costringe a vedere soltanto figure all'indietro e mai l'aperto, quello che sì profondo è nel volto animale. Libero da morte. Solo noi la vediamo; il libero animale il suo tramonto ha sempre dietro di sé e il divino davanti, e quando va, così va nell'eterno, come vanno le fonti. Mai noi, nemmeno per un giorno soltanto, abbiamo lo spazio puro davanti a noi, in cui infiniti s'aprono i fiori. Sempre è mondo e mai il Nessundove senza il bordo del no: il puro, l'incustodito, che si respira, che infinitamente si sa, senza volerlo. Da bambino uno si perde qui nel silenzio, e ne è sconvolto. E un altro muore e lo è. Prossimi alla morte, la morte più non si vede, fissando fuori, forse con vasto sguardo animale. Gli amanti, non fosse l'altro ad impedirne la vista, sono prossimi a questo, e stupiscono... Come per svista gli è stato dischiuso l'al di là dell'altro... Ma oltre lui nessuno può andare, e tutto ridiventa mondo. Sempre rivolti al creato, sulla sua superficie soltanto di ciò che è libero vediamo il riflesso da noi stessi oscurato. O che un animale, un muto animale, levi tranquillo lo sguardo attraverso di noi. Questo si chiama destino: essere di fronte: nient'altro che questo continuo esser di fronte. Se ci fosse coscienza come la nostra nel sicuro animale che incontro ci muove su un altro sentiero - ci piegherebbe al suo stesso cammino. Ma il suo essere è a lui infinito, libero, e senza un riguardo al suo stato, puro, come ciò ch'esso guarda. E dove noi vediamo futuro lì vede Tutto e in Tutto se stesso, e salvo per sempre. Eppure vi è nel vigile e caldo animale il peso e l'ansia di una grande melanconia. Anche lui è oppresso da ciò che spesso ci schiaccia,- il ricordo, come se ciò verso cui tendiamo fosse già stato una volta più prossimo, più fedele, e il suo contatto infinitamente dolce. Qui tutto è distanza, e là era respiro. Dopo la prima patria, per lui la seconda è ibrida e ventosa. Oh beatitudine della piccola creatura, che sempre rimane nel grembo che la portò; oh felicità del moscerino, che ancor dentro saltella, se anche è tempo di nozze: perché grembo è tutto. E guarda la sicurezza a metà dell'uccello, che quasi sa il dentro e il fuori della sua origine, come fosse un'anima etrusca esalata da un morto, che in uno spazio fu accolta, ma con la sua dormiente figura come coperchio. E come è turbato uno che deve volare e viene da un grembo! Come fosse di se stesso atterrito fende l'aria, come un'incrinatura dirama lungo una tazza. Così la traccia del pipistrello s'incide nella porcellana della sera. E noi, spettatori, sempre, dappertutto, a tutto rivolti e mai al di fuori! Ci trabocca. Lo ordiniamo. Rovina. Lo ordiniamo di nuovo e roviniamo noi pure. Chi ci ha rivolti così, che noi, comunque facciamo, siamo nell'atteggiamento di uno che parte? Come chi, sull'ultimo colle, che ancora una volta la valle tutta gli mostra, si volge, si ferma, indugia -, così noi viviamo, e sempre prendiamo congedo. per chi volesse sostenere il canale con una piccola donazione https://www.paypal.me/leggopervoi Scrivete i vostri commenti o proposte sulla sezione community del canale. chi verserà un euro una tantum entrerà a far parte di questa community e riceverà una mail settimanale con il link di materiale esclusivo non postato sul canale