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“Manichini” apre BIS con un gesto che destabilizza e mette subito in tensione l’ascolto. La traccia agisce come una crepa: attraversa la superficie del presente e ne mostra le fratture. Il racconto prende forma come testimonianza inquieta, incarnata, esposta. Il mondo che emerge è un mondo in vetrina, osservabile in ogni suo angolo, regolato da un’illusione di accessibilità totale che convive con una libertà sempre più fragile. Il refrain, “Why is / Noooott freeeeee”, vibra come un lamento proveniente da un altrove post-umano. La voce sembra attraversare un filtro che la deforma e la rende universale. La domanda attraversa l’intero brano: cosa smette di essere libero? L’ambiente, il linguaggio, il mare, il cielo, il pensiero. La risposta resta sospesa e si trasforma in un’eco generazionale, segno di una libertà percepita come concetto usurato, manipolato, commercializzato. Il linguaggio come arsenale emotivo “Il vocabolario è un arsenale / con cui perdo guerre” introduce uno dei nuclei più densi dell’EP. La lingua assume la forma di un’arma simbolica, carica di potenziale, ma incapace di arginare la complessità del disastro in corso. La parola lotta, insiste, resiste, pur consapevole del proprio limite. Il richiamo a Don Chisciotte costruisce un’immagine precisa: l’artista combatte contro mulini che oggi assumono la forma di sistemi economici, climatici, culturali. Parlare resta un atto necessario, anche quando il mondo sembra procedere oltre la persuasione. Il clima come esperienza quotidiana Il collasso climatico entra nel brano come dato ordinario. Le stagioni si confondono, la pioggia cade fuori tempo, le inondazioni diventano cronaca ricorrente. “Abbiamo cremato un bel posto” restituisce un’immagine definitiva: il pianeta come corpo consumato. I “pesci a tre teste” evocano l’immaginario dei Simpson e rivelano un cortocircuito profondo: la satira anticipa la realtà, la caricatura diventa normalità. L’accento ossessivo sulla moda convive con una struttura sociale incapace di trasformarsi davvero. Il mondo appare firmato, patinato, visivamente curato, mentre sotto la superficie si sgretola. Pier Paolo e i manichini “Pier palo manichini” apre una dimensione intertestuale potente. Il riferimento a Pasolini emerge come fantasma critico: l’omologazione consumistica prende corpo in figure esposte, piegate, immobili. I manichini rappresentano un’umanità trasformata in oggetto, resa osservabile e addomesticata. “Sempre con il capo chini” fotografa una postura collettiva: accettazione, adattamento, rinuncia al conflitto. L’espressione “That’s da way it is” diventa il mantra di una resa interiorizzata, pronunciata con leggerezza e ripetuta come verità inevitabile. Cemento, territorio, paesaggio italiano La seconda parte del brano attraversa il paesaggio italiano: abusivismo, edilizia estrema, betoniere in movimento, aria satura, resort a cinque stelle. Tutto convive nello stesso spazio. L’illegalità diffusa e il lusso turistico si rivelano facce della stessa logica di sfruttamento. “L’aria è nera” si intreccia con l’idea dell’aria come privilegio, come esperienza rara, come dono confezionato. Il territorio perde la sua dimensione naturale e diventa prodotto. Le stelle come marchio Il passaggio sulle stelle apre una riflessione simbolica centrale. Il cielo si confonde con il sistema di classificazione alberghiera. Le stelle osservate si sovrappongono alle stelle acquistate. Il dubbio “o sono sempre quelle?” mette in crisi la percezione stessa del reale. Il turista diventa convinto che il suo cielo brilli di più perché mediato dal comfort. L’eco di Rino Gaetano attraversa il testo e trasforma l’ironia in strumento critico. Satira di classe e rap come merce La figura del “sultano delle mille e una banconote” racconta una società che compra status e senso di appartenenza attraverso il consumo. Le “quattro rime” sostituiscono i quattrini e denunciano un rap ridotto a prodotto, a flusso vendibile. Chi osserva comprende il meccanismo e lo attraversa con sarcasmo, mantenendo uno sguardo lucido sulla farsa collettiva. La libertà come spazio recintato Il mare entra nel brano come ultimo simbolo. Anche lo spazio aperto per eccellenza assume confini invisibili. “Mare vostrum” spezza la retorica identitaria e restituisce il Mediterraneo come spazio conteso, militarizzato, venduto. La libertà diventa concessione, esperienza a pagamento, diritto condizionato. Un manifesto d’apertura “Manichini” apre BIS come un manifesto del presente. La traccia espone un mondo ferito, un’umanità piegata, una libertà ridotta a simulacro. Il brano invita a guardare ciò che circonda, a riconoscere le forme della crisi, a usare il linguaggio anche quando appare insufficiente. Raccontare resta un atto vitale. Follow me / tylerdurdan10