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Pubblicato nel 1940, per molto tempo Il deserto dei Tartari è stato considerato il romanzo con uno dei finali più perfidi in assoluto e hanno tacciato il suo autore di essere un pessimista senza appello. Invece, come ha dimostrato il saggio di Lucia Bellaspiga, un’illustre buzzatiana, questo romanzo è un capolavoro di umanità e speranza. Addirittura, leggendo nella raffinata filigrana dell’opera, tra allegorie e metafore, cogliendo indizi talvolta appena visibili, il romanzo mostra paradossalmente a lieto fine, in netto contrasto con l’interpretazione vulgata. Curiosità. Moltissimi autori in ogni campo sono stati ispirati da questo romanzo. Nella musica italiana, anche Franco Battiato con Fortezza Bastiani e i Litfiba con Prima Guardia hanno reso omaggio all'opera di Buzzati.la trama.Come prima assegnazione, Giovanni Drogo viene destinato all’antica Fortezza Bastiani, affacciata su una sterminata landa desertica da cui un tempo giunsero oscuri nemici: i Tartari. Sua madre lo aiuta silenziosa negli ultimi preparativi. Lui intanto si guarda allo specchio «forzando un sorriso». Non sa se essere felice o triste. Salutata la madre, galoppa verso la Fortezza Bastiani. Da tempi immemorabili lì si attende un’invasione di quel popolo straordinario e misterioso. Giovanni Drogo sorride forzatamente allo specchio cercando di nascondere a sé stesso una specie di delusione. Vuole convincersi di essere felice: ma non lo è, e lo sa. Dopo un lungo viaggio a cavallo, sulla strada verso la Bastiani, incontra il Capitano Ortiz. Giunge poi in vista della Fortezza. Prende posto tra i commilitoni e gli viene assegnata una stanza. Nella sua prima notte tanti pensieri gli affollano la mente; poi d’un tratto, un rumore: ploc. C’è una tubatura che perde: è il ploc, di una goccia che cade di tanto in tanto con imprevedibile ritmo nella cisterna. Ci mancava questa dannata goccia!, pensa Drogo, che poi guarda il cielo con un misto di desiderio e rassegnazione: una stella solitaria fa il suo corso, benevola, e scompare nell’immensità. La goccia fa ancora ploc. «Non si può sistemare?», chiederà. «No», gli risponderanno, «ci farà presto l’abitudine». Drogo ancora non lo ha pienamente capito, ma da quel momento – in quel preciso momento – è cominciata per lui la fuga del tempo. Scorrono uno dopo l’altro i suoi giorni alla Bastiani e tra le persone con cui stringe amicizia c’è Ortiz, che gli vuole bene; c’è il sarto Prosdocimo, simpatico e dimesso; c’è il sergente maggiore Tronk, che assomiglia quasi a una creatura nata nella Fortezza stessa: guarda anche lui verso la sterminata landa, in attesa dei nemici, ma con animo di burocrate e non di poeta. Il tempo trascorre nell’attesa ma i Tartari non arrivano mai. Drogo comincia a riflettere sul perché di quell’attesa: tutti attendono l’evento, l’occasione, che può trasformare il tempo da Kronos, cronologico, in Kairòs, ossia «l’avventura, l’ora miracolosa che almeno una volta tocca a ciascuno». Drogo osserva i suoi commilitoni ammaliati da questa attesa, credendosi salvo: ma riflette sulla vita cittadina, così squallida e comune. Perché, allora, non lasciarsi stregare dalla possibilità di questa occasione? Ecco che comincia anche lui a essere stregato. Drogo sceglie di attendere l’occasione e si tiene per il momento lontano dalla città, luogo dei mediocri e delle scelte comode. Uno degli ufficiali, Angustina, bello come un dandy, «supremamente solo» (L. Bellaspiga), simile al Principe Sebastiano raffigurato nel grande salone è un personaggio profetico, giunto oramai alla suprema consapevolezza di quale sia il vero Evento. Lui sprezza senza riserva quella Città dove tutti vogliono tornare. Curiosità:I Tatari erano una popolazione nomade dell'Asia centrale, che viveva nelle steppe mongole; il loro nome veniva storpiato in Tartari in riferimento al Tartaro, uno dei nomi dell'inferno. I "Tartari" che attendono i personaggi di Buzzati, in realtà, non hanno niente a che vedere con quelli storici. Sono generici "nemici".Una notte Drogo fa un sogno portentoso: sogna la morte di Angustina, ritornato a figura puerile, che vola su di una carrozza alata e lo saluta con un sorriso. Intanto accadono fatti strani e tragici: un soldato era uscito dalla Fortezza per recuperare un cavallo che galoppava dal deserto. Ma dimentica la parola per rientrare e viene ucciso, in piena applicazione del regolamento. Poi una striscia nera di soldati compare dal deserto: sono dunque arrivati i Tartari? L’attesa si fa febbrile, le bandiere sventolano minacciose, c’è eccitazione ovunque e persino il Capitano Monti sta cedere alla «tentazione di credere».Purtroppo arriva un dispaccio dallo Stato Maggiore: non sono i Tartari quelli che vedono, ma uomini venuti dal paese vicino per stabilire il confine. Allarme rientrato. Il capitano Monti sceglie una quarantina di uomini per andare incontro agli uomini del Nord, per la questione del confine.