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Ne sono rimasti una ventina e operano solo in laguna. Il loro è un lavoro difficile e impegnativo che si tramanda da padre in figlio, per riuscire a sorprendere i granchi prima che facciano il guscio e possano mangiarsi interi. Una prelibatezza sempre più ricercata Due volte l'anno, in primavera e in autunno, gli intenditori vanno a caccia delle «moéche», prelibati e teneri granchi di laguna «sorpresi» nel periodo vulnerabile della muta, quando si liberano del guscio e si lasciano gustare interi. Difficile trovarli fuori dalla laguna di Venezia. Nella più vasta zona umida d'Italia il «moécante» dà prova di una sapienza antica che si impara solo sul campo, tra Velme e barene, fazzoletti di terra ora in superficie, ora sommersi; valli da pesca e casoni, e selezionando a mano, uno a uno, i gransi bóni da quelli matti, non idonei cioè a diventare cibo prelibato.«Il nostro regno» In Italia, di pescatori specializzati in «moéche», ne sono rimasti venti, tutti nella laguna veneta. «Facciamo i pescatori dai tempi della Serenissima. Mio padre, mio nonno, il padre di mio nonno... Conosco la laguna come le mie tasche e non cambierei mestiere per niente al mondo — racconta il pescatore Domenico Rossi —. A mio figlio, però, dico di scegliersene un altro. Con il mio ci campi appena ed è troppo duro». Domenico ha 49 anni. Pesca da quando ne aveva quindici e con la bella stagione accompagna a scoprire il territorio e il suo lavoro a bordo dei bragozzi, le barche a fondo piatto che non temono i ghebi, i canali poco profondi. Un mondo liquido che cambia fisionomia ogni sei ore. «Questa zona è separata dal mare da lingue di sabbia che seguono il ritmo delle maree in un equilibrio fragilissimo. È il nostro regno. Lo amiamo e rispettiamo». La vita dei moécanti Poche ore di tempoOgni mattina, per tirare su le reti tubolari che lui stesso costruisce e che puntellano la laguna attaccate a pali di castagno, Domenico si sveglia alle 4.30. «Io ne posseggo 200 e per costruirne una ci impiego un giorno — spiega — Nelle tresse ci finisce un po' di tutto. Le alghe tornano in mare, i pesci piccoli pure, mentre quelli più grossi e i crostacei si tengono». I granchi, invece, vengono separati dal resto del bottino e raccolti dentro a grossi sacchi di juta. L'operazione dura diverse ore. Poi Domenico punta all'isola di Torcello, dove tiene i vieri, i cassoni di legno in sospensione nell'acqua che contengono i granchi catturati. «Dobbiamo monitorare la loro fase evolutiva. Non c'è sabato né domenica che tenga: quando i granchi smettono di mangiare e diventano spiàntani significa che stanno per \"spolpare\" e che sono prossimi a perdere il guscio – continua Domenico —. In 24 ore diventano moéche e devono essere messe in un viero diverso prima che gli altri... ( Corriere Tv ). Guarda il video su Corriere: https://video.corriere.it/cronaca/ven...