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Canzone al Metauro (1578) 1. O del grand’Apennino figlio picciolo sì ma glorioso, e di nome più chiaro assai che d’onde; fugace peregrino a queste tue cortesi amiche sponde 5 per sicurezza vengo e per riposo. L'alta Quercia che tu bagni e feconde con dolcissimi umori, ond’ella spiega i rami sì ch’i monti e i mari ingombra, mi ricopra con l’ombra. 10 L’ombra sacra, ospital, ch’altrui non niega al suo fresco gentil riposo e sede, entro al piú denso mi raccoglia e chiuda, sì ch’io celato sia da quella cruda e cieca dèa, ch’è cieca e pur mi vede, 15 ben ch’io da lei m’appiatti in monte o ‘n valle e per solingo calle notturno io mova e sconosciuto il piede; e mi saetta sì che ne’ miei mali mostra tanti occhi aver quanti ella ha strali. 20 2. Ohimè! dal dì che pria trassi l’aure vitali e i lumi apersi in questa luce a me non mai serena, fui de l’ingiusta e ria trastullo e segno, e di sua man soffersi 25 piaghe che lunga età risalda a pena. Sàssel la gloriosa alma sirena, appresso il cui sepolcro ebbi la cuna: così avuto v’avessi o tomba o fossa a la prima percossa! 30 Me dal sen de la madre empia fortuna pargoletto divelse. Ah! di quei baci, ch’ella bagnò di lagrime dolenti, con sospir mi rimembra e degli ardenti preghi che se ‘n portár l’aure fugaci: 35 ch’io non dovea giunger più volto a volto fra quelle braccia accolto con nodi così stretti e sì tenaci. Lasso! e seguii con mal sicure piante, qual Ascanio o Camilla, il padre errante. 40 3. In aspro essiglio e ‘n dura povertà crebbi in quei sì mesti errori; intempestivo senso ebbi a gli affanni: ch’anzi stagion, matura l’acerbità de’ casi e de’ dolori 45 in me rendé l’acerbità de gli anni. L’egra spogliata sua vecchiezza e i danni narrerò tutti. Or che non sono io tanto ricco de’ propri guai che basti solo per materia di duolo? 50 Dunque altri ch’io da me dev’esser pianto? Già scarsi al mio voler sono i sospiri, e queste due d’umor sì larghe vene non agguaglian le lagrime a le pene. Padre, o buon padre, che dal ciel rimiri, 55 egro e morto ti piansi, e ben tu il sai, e gemendo scaldai la tomba e il letto: or che ne gli alti giri tu godi, a te si deve onor, non lutto: a me versato il mio dolor sia tutto. 60 Sostieni il grande archivio di risorse didattiche e l'opera di divulgazione e comunicazione con una piccola donazione singola o mensile qui sotto: https://it.tipeee.com/luigi-gaudio-at... Iscriviti e guarda le dirette live alle 20.45 sulla pagina web del canale. Altro materiale didattico su http://www.atuttascuola.it/ Podcast all'indirizzo https://www.spreaker.com/luigigaudio Newsletter con aggiornamenti all'indirizzo http://www.atuttascuola.it/newsletter