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RAI 1978 «Il cilindro» Regia di EDUARDO DE FILIPPO EDUARDO: Agostino Muscariello MONICA VITTI: Rita LUCA DE FILIPPO: Rodolfo PUPELLA MAGGIO: Bettina FERRUCCIO DE CERESA: Attilio VINCENZO SALEMME: Antonio SERGIO SOLLI: Arturo FRANCO ANGRISANO: Roberto LINDA MORETTI: donna Fortunata MARZIO HONORATO e LUIGI UZZO: uomini del vicolo Atto unico del 1965, Il cilindro debutta al Teatro Quirino di Roma nel gennaio dell’anno successivo, riscuotendo un ottimo successo. In teatro ha tuttavia una vita breve, ma in televisione, nel 1978, vanterà una ripresa con Monica Vitti nei panni della giovane Rita. A fare da sfondo al divertente intreccio appare una Napoli sempre apprezzata per la sua chiassosa allegria, talvolta profondamente amara, come in gran parte della produzione drammaturgica eduardiana. In questa commedia – nota singolare al testo – accanto all’italiano e al napoletano, compare anche il romanesco, a vivacizzare il ritratto di un’Italia in pieno boom economico eppure attanagliata dal grande problema della disoccupazione. A prendere vita, su questo sfondo, sono cinque ingegnosi personaggi che per sbarcare il lunario ricorrono alle più stravaganti trovate. Rita e Rodolfo, giovane coppia romana, ed Agostino e Bettina, sono disoccupati cronici che non trovano di meglio, per pagare l’affitto, che adescare uomini con le belle grazie di Rita, farli pagare, per poi metterli in fuga con l’offerta di fare l’amore sul letto dove giace la salma del finto morto Rodolfo. Il meccanismo è perfetto, ma si blocca quando la giovane si imbatte nel furbo sessantenne Attilio, non affatto disposto a farsi intontire dai quattro imbroglioni. Pretende a tutti i costi l’amplesso pattuito, per nulla intimorito né dal morto né dal “miracoloso” cilindro di mastr’Agostino, utilizzato dal cialtrone proprio per intimidire i creditori e raggirare i malcapitati. Il copricapo, simbolo infatti del potere, proprio per il suo forte senso evocativo incute timore e riverenza nelle persone più ignoranti. Un provvidenziale colpo di sonno del vecchio salverà però l’onesta della donna. Ottenuta infatti la collaborazione di tutti, Agostino segnerà due ore avanti sull’orologio a muro e predisporrà la “scena” per far credere ad Attilio di aver effettivamente consumato il suo amplesso con Rita, sdraiata semplicemente accanto a lui. Dal canto suo, la giovane, ormai stanca di tirare a campare e desiderosa di “avere”, deciderà alla fine di scappare per inseguire proprio chi il cilindro ce l’ha veramente. Un meccanismo sapiente di “teatro nel teatro”, che mette in scena un finto cadavere e una prostituta per truffa, un apprendista stregone e una moglie manesca, un vecchio refrattario all’illusione e un intero quartiere che si accalca per godersi lo spettacolo. Dietro tuttavia la vicenda grottesca e comica, è protagonista – ancora una volta – l’aberrazione delle classi più neglette, come “urgenza sociale” che legittima, ma non giustifica, l’utilizzo di mezzi non proprio leciti. Da: https://www.teatro.unisa.it/archivio/...