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PADOVA TG (lunedì 2 novembre 2015) - Sono trascorsi 5 anni dall’alluvione. Il primo novembre 2010 il Veneto sprofonda nell’emergenza, l’acqua sgretola gli argini ed entra nelle case. Tutto ha inizio nella frazione di Prà di Botte a Saletto di Montagnana dove si rompe l’argine del Frassine. Il paese è tagliato a metà. Centinaia le famiglie evacuate che passano la notte nella palestra comunale. La paura anche a Padova. Si trascorre la notte a monitorare il Bacchiglione. Pochi chilometri più in là nel comune di Ponte San Nicolò rompe l’argine del Roncajette. Il 2 novembre 2010 il presidente del Veneto Luca Zaia dichiara lo stato di crisi. Casalserugo e Ponte San Nicolò sono sommersi da acqua e fango. A Veggiano rompe l’argine del Tesina. Rete Veneta racconta in diretta la disperazione di quelle ore. Il 3 novembre l’acqua arriva a Bovolenta cancellando l’intera zona artigianale che diventa il simbolo di un Veneto piegato e dimenticato dai media nazionali che solo una settimana dopo si accorgeranno di quante imprese erano state danneggiate dal fango. Nella provincia di Padova sono 36 i comuni alluvionati. 4500 le famigli sfollate. 5 anni dopo sono 925 i cantieri aperti per realizzare le opere del post alluvione. Nel marzo scorso il presidente Luca Zaia ha consegnato i lavori per il bacino di laminazione di Trissino e sempre nel vicentino entro fine anno sarà pronto quello di Caldogno con un bacino di 4 milioni di metri cubi.