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Dopo aver diretto con grande successo in "Ogni giorno" Carlo Delle Piane e Stefania Sandrelli, il giovane regista Francesco Felli, talento emergente del mondo del Cinema, torna sul set ad affrontare un altro delicatissimo tema offertogli dalla Onlus "Viva la vita": la SLA. Felli conquista e coinvolge nel suo progetto altri due grandi attori, questa volta di nuova generazione, Serena Autieri e Francesco Montanari oltre che l'Avv. Ezio Nimis, fondatore di una delle più prestigiose Società d'arte contemporanea presenti sul mercato, Artisse. La storia vede protagonista un giovane collezionista d'arte affetto da questa devastante malattia che nella sua progressiva immobilità trova conforto nel contemplare le opere appese alle pareti della sua camera che diventano per lui occasione di sollievo, distrazione e riflessione assumendo valore quasi "consolatorio". L'arte come strumento per migliorare la qualità della vita seppur in condizioni estreme. Felli, con la sua coraggiosissima sceneggiatura, coinvolge sia emotivamente che nel progetto, anche la Contessa Marialuisa Colleoni, Giulio Serafini, Leonardo Chionna, Susi Zucchi e Vincenzo Musardo che realizzano per lui cinque opere che se da un lato costituiscono il loro personale modo di interpretare il tema del film, dall'altro offrono alla telecamera occasione di colte ed emozionanti inquadrature. La Colleoni con i suoi "Destrieri" dà libero sfogo alla forza e l'energia della natura attraverso l'imbizzarrirsi dell'animale più nobile del creato. Giulio Serafini con "L'anima del mattino" propone un'opera positiva sia nei toni che nel colore: l'ultima luna della notte che si rivolge al giorno che verrà evocando le "Sentinelle del mattino", i giovani che per Papa Giovanni Paolo II vegliano sul domani. Leonardo Chionna attraverso le sue esplosioni cromatiche evoca la genesi dei mondi e la creazione di Universi ogni volta nuovi nei quali l'osservatore può idealmente viaggiare sino a perdersi nelle loro infinite meraviglie. Susi Zucchi volgendo lo sguardo alla tenera compagna del protagonista, pare ne voglia "ingessare" il "Cuore" fissandone le candide vesti nel pallore di una malgama bianca e lasciando ad un barlume rosso corallo l'arduo compito di pulsare vita al suo interno. Vincenzo Musardo, infine, affida la sua stessa immagine al regista partecipando direttamente al film e con il suo "Apollo e Dafne" consegna allo stesso, attraverso il mito della ninfa che per sfuggire al Dio si tramuta in albero, l'occasione per far sì che lo spettatore percepisca forte la sensazione di una vita vissuta nell'immobilità.