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Il mulino ad acqua è un esempio di architettura rurale che appartiene alla tradizione più antica dell’uomo. Prima dell’utilizzo dell’energia elettrica l’invenzione del mulino ha permesso di utilizzare l’energia meccanica prodotta dalla corrente di un corso d’acqua come fonte primaria per dare movimento ai meccanismi del mulino. Il periodo di massima diffusione dei mulini iniziò nei secoli IX e X, probabilmente per il fatto che, durante quegli anni del medioevo, diminuì la quantità di manodopera che veniva apportata dagli schiavi. Importante tappa per la storia dei mulini si ha nell’XI secolo, quando l’utilizzo della ruota idraulica verticale si espande, oltre che per la macinatura dei cereali, anche per altri scopi quali, ad esempio, l’azionamento di magli idraulici per forgiare il ferro, gualchiere per la follatura dei panni di lana, pestelli per la mondatura del riso. Da questo momento e per 17 secoli la forza idraulica dei mulini rimase la forma di energia più utilizzata, fino a quando nel 1782 venne inventata la macchina a vapore. Questo in linea teorica perchè per esempio in Italia è documentato l'uso di mulini ad acqua in contesti rurali ancora fino alla metà degli anni 50 del '900, come ad esempio a Cellere (VT). Merita ricordare il loro indispensabile ruolo economico e sociale e per questo si dovrebbe tutelare quelli che ancora restano, al fine di farli conoscere al più ampio pubblico. A tal fine si spera che i Comuni, nei casi dove sia possibile, possano recuperarli a scopi culturali e didattici per le future generazioni costituendo, oltre che un'iniziativa di valorizzazione del territorio, anche un motivo di attrazione turistica.