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Mercoledì 30 marzo ore 17,30, dal museo Pietro Micca di Torino, con l’intervento dell'Architetto Franco CARMINATI La fortificazione alla moderna era detta all’origine “all’italiana” perché venne elaborata a partire dal XV secolo proprio nel corso delle Guerre d’Italia. «In un breve arco di tempo, i continui progressi tecnologici delle artiglierie resero indispensabili soluzioni difensive di concezione più avanzata e tali da rendere le difese decisamente meno vulnerabili. Sotto la spinta di questo stimolo nacque, in Italia, un primo modello di opera difensiva di concetto nuovo che le conferiva maggiore difendibilità. Fece così la sua comparsa il bastione o piazzola poligonale di tiro avanzata, in sostituzione delle vecchie torri» così inizia il suo approfondimento Franco Carminati, classe 1933, collaboratore del generale Amoretti per la costruzione e l’allestimento del museo Pietro Micca più di 60 anni fa. Suoi i due splendidi plastici della scala di Pietro Micca e quello grandioso della città di Torino con tutte le fortificazioni perimetrali, la Cittadella ed il campo di battaglia del 1706, gioiello del percorso di visita. Allievo onorario dell’Accademia degli Ingegneri Militari di Francia, Geniere onorario per il lavoro svolto nelle gallerie di Pietro Micca, socio fondatore della Società di Ricerche e Studi valsusini «Segusium» e della Società Storica di Pinerolo, di cui è stato primo vicepresidente, Ispettore onorario delle Soprintendenze ai beni Culturali per la valle di Susa, realizzatore di moltissimi plastici di fortificazioni militari tra le quali, oltre a quelli del museo Pietro Micca, di Chivasso, Pinerolo, forte di Santa Brigida, Castello di Bruzolo, forte di Exilles. Senza citare i suoi passati sportivi di rilievo nazionale, ha meritato il Premio « Pignarolium » per la ricerca storica ed è attualmente Delegato per l’Italia della Società di studi storico-militari Vauban di Parigi. Proprio in questo ruolo è il miglior esperto per raccontare l’evoluzione della fortificazione alla moderna da italiana ad europea come era nel 1706.