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I "miei" Dialoghi Mediterranei di Simone Perotti: i concetti che voglio fissare. PARTE 1 1 год назад


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I "miei" Dialoghi Mediterranei di Simone Perotti: i concetti che voglio fissare. PARTE 1

I "miei" Dialoghi Mediterranei di Simone Perotti: i concetti che voglio fissare. PARTE 1 Dai post di Simone. Ecco la lista di cui ho parlato nella diretta. Mi avete chiesto di pubblicarla. Eccovela. Sotto vedete l'evento facebook. Cliccate sull'evento e trovate la registrazione della diretta. Buona serata! https://www.facebook.com/events/14343... LA LISTA: Vorremmo vivere meglio, ma non ci rendiamo conto che siamo uomini e donne strangolati da: non conoscenza del proprio perimetro: chi siamo noi? una molteplicità identitaria non vista, non conosciuta, non analizzata un sistema di produzione, riproduzione e mantenimento energetico individuale sconosciuto e non governato relazioni malate e non risolte con la famiglia d'origine lavori che non amiamo e non abbiamo scelto una relazione con la natura assente un rapporto con la solitudine malato una relazione capovolta tra bisogni e desideri un bilancio tra scelte necessarie e inessenziali confuso una visione della propria vita non chiara nemmeno in termini meramente locali/geografici una sovrastruttura falsa e malata (che pesa enormemente) nella relazione con oggetti, denaro, consumo un’assenza pressoché totale di spazio/tempo per la spiritualità uno scollamento profondo con la manualità una rassegnata accettazione di “ciò che siamo”. “Io sono così”. una concezione della fatica fisica come nemico, ostacolo, o tutt'al più come collegata allo "sport" una poca o nessuna fiducia nel metodo una poca o nessuna assiduità, costanza nell’azione: ogni cosa sembra sempre a rischio interruzione/abbandono una confusione profonda su ciò che davvero amiamo, ciò che davvero detestiamo una marcata indeterminazione sullo spazio/desiderio sentimentale, o progettuale, verso l’altro sesso una non familiarità con (per non dire ignoranza profonda verso) la progettualità, l’analisi, la verifica un’idiosincrasia cocciuta verso il cambiamento una geografia emotiva e emozionale sconosciuta, tanto in sede spontanea quanto circa la riproducibilità delle emozioni una sostanziale inettitudine al governo del proprio mondo spaziale e temporale: quando? per quanto tempo? prima o dopo cosa? una marcata ignoranza sul tema dell’igiene relazionale un’inspiegabile clemenza sui propri limiti, spesso neppure conosciuti, certamente tollerati e perfino difesi una dannosissima confusione sulla propedeutica e sulla disposizione ordinale delle emergenze: cosa viene prima, cosa dopo. una profonda inconsapevolezza economica (precisa): quanto spendo, esattamente, quanto mi serve per vivere… una forte distrazione, quasi una cecità, nei confronti di chi abbiamo di fronte: cosa vuole, cosa sta capendo, cosa posso dirgli ora? una dipendenza patologica dal ruolo: madre, capoufficio, figlio, consigliere, comparsa mancanza di indipendenza nel giudizio e capacità critica autonoma una lunga disabitudine all’immaginazione, alla prefigurazione, alla visione di ciò che non c’è una vieta incapacità nella mimesi, nella compassione, nella immedesimazione una cultura eccessivamente economica, fatta di pesi, costi, benefici, prezzi, scambi

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