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RIASSUNTO CON MAGGIORI DETTAGLI SUL MIO BLOG: https://pierovereni.blogspot.com/2025... La quarta lezione del modulo di Antropologia delle religioni affronta la nascita della disciplina nel contesto della rivoluzione darwiniana, che ha profondamente mutato l’autocomprensione dell’uomo occidentale. L’alterità culturale diventa oggetto d’indagine per comprendere se le culture “altre” siano versioni della nostra umanità o veri e propri mondi separati. Si analizzano le due polarità che hanno guidato il pensiero antropologico: “tutto il mondo è paese” e “paese che vai, usanza che trovi”. Gli antropologi ottocenteschi, come James Frazer ed Edward Tylor, adottano un approccio evoluzionista unilineare, secondo cui magia, religione e scienza rappresentano fasi successive dello sviluppo umano. La lezione approfondisce il pensiero di Frazer, secondo cui la magia è una scienza primitiva basata su analogie e contatti, la religione subentra quando si riconosce l’inefficacia della magia, e la scienza costituisce l’approdo finale. A questa visione razionalista risponde Lucien Lévy-Bruhl con l’ipotesi di una “mentalità primitiva” che viola i principi della logica aristotelica. Il caso etnografico dei Bororo brasiliani – che affermano “noi siamo arara” (pappagalli rossi) – diventa emblematico di un pensiero diverso, non irrazionale ma fondato su un uso simbolico e performativo del linguaggio. Questo spunto apre alla riflessione di George Lakoff e Mark Johnson sull’uso quotidiano delle metafore, che dimostrano come il linguaggio umano sia strutturalmente metaforico, anche in contesti apparentemente razionali. L’antropologia non si limita dunque a “giudicare” le credenze, ma le esplora come dispositivi che danno senso e coerenza al mondo vissuto. Si presenta poi la svolta funzionalista di Bronislaw Malinowski, che interpreta magia, religione e scienza come funzioni simultanee, non stadi evolutivi. La magia, per Malinowski, serve a ridurre l’ansia dell’incertezza; la religione fondamenta l’ordine del mondo e legittima ruoli sociali e gerarchie. Infine, viene introdotta la distinzione tra sistemi di pensiero chiusi e aperti di Robin Horton: i primi spiegano il mondo con un numero limitato di variabili (tipico delle cosmologie tradizionali), i secondi accettano nuove spiegazioni (come nella scienza moderna). Un esempio è tratto dallo studio di Evans-Pritchard tra gli Azande, dove la stregoneria spiega eventi altrimenti casuali, come il crollo di un granaio. La lezione si conclude con una riflessione sull’antropologia medica e sull’importanza della cosmologia nella comprensione di eventi come la malattia. L’esempio camerunense dell’AIDS mostra come la malattia sia interpretata in chiave simbolico-politica, nel conflitto tra giovani e anziani. Per l’antropologia, le rappresentazioni simboliche – anche se non “vere” in senso scientifico – hanno conseguenze reali. Si anticipa infine l’analisi della distinzione tra mito e rito, secondo la definizione di Dario Sabbatucci: il mito narra ciò che non può essere cambiato dall’uomo, il rito agisce su ciò che può essere trasformato.