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Essere insultati può ferire, ma il buddismo insegna che nessuna parola ha potere se non le permettiamo di toccarci dentro. Reagire con rabbia o rancore significa lasciare che gli altri guidino le nostre emozioni. Coltivare la calma e la consapevolezza ci permette invece di mantenere la dignità e la serenità. In questo video scoprirai dieci insegnamenti buddisti che ti mostreranno come smettere di farti insultare. Prima di iniziare, metti mi piace al video e iscriviti al canale, così non perderai i nostri nuovi video. Insegnamento 1 – Riconosci il valore del silenzio. Nel mondo moderno, molti pensano che rispondere a tutto sia un segno di forza. Ma nel buddismo impariamo che il silenzio può essere più potente di mille parole. Quando restiamo in silenzio davanti a un’offesa, non stiamo fuggendo. Stiamo scegliendo la pace invece del conflitto. Il silenzio è uno scudo invisibile che protegge il cuore. Chi insulta cerca una reazione per sentirsi forte. Ma chi segue il cammino del risveglio sa che reagire alimenta solo il fuoco. Restando in silenzio, spegniamo l’energia negativa prima che ci travolga. È un gesto di padronanza interiore, non di resa. Il buddismo ci insegna a non nutrire l’odio con l’odio. Molte volte, il silenzio parla più di mille parole. Esso mostra equilibrio, presenza mentale e forza d’animo. L’aggressore si aspetta rabbia, ma trova pace. E questo lo confonde, lo destabilizza. In questo spazio di quiete, l’energia dell’attacco si dissolve da sola. Il silenzio non è indifferenza, ma consapevolezza. È la scelta di non danneggiare né sé stessi né gli altri. Quando non reagiamo, non vuol dire che approviamo, ma che comprendiamo l’inutilità del conflitto. La vera forza sta nella calma che si espande. Il buddismo ci invita a coltivare questa calma ogni giorno. Molti maestri hanno affrontato parole dure senza dire una sola parola. Non per paura, ma per compassione. Sapevano che rispondere avrebbe alimentato la sofferenza di tutti. Il silenzio diventa così un atto di amore profondo. Non serve sempre parlare per essere ascoltati. A volte, dietro una parola offensiva c’è una mente confusa. E rispondere è come discutere con un’ombra. Il praticante buddista riconosce che tutto è impermanente, anche le parole dure. Sceglie di lasciare che il vento le porti via. Non si lascia colpire da ciò che è vuoto. Ogni insulto è un pacco che puoi scegliere di non aprire. Se non lo accetti, torna a chi lo ha inviato. È un principio semplice ma liberatorio. Il silenzio è la chiave che ti libera da questa catena. E ti permette di continuare il tuo cammino senza fardelli. Nel buddismo si parla spesso di non-attaccamento. Anche alle parole. Anche alle emozioni che esse provocano. Quando non ti aggrappi all’offesa, non soffri. Il silenzio allora diventa una forma di meditazione attiva. Una risposta luminosa al buio della rabbia. Coltivare il silenzio richiede pratica. Ma ogni volta che scegli di non rispondere, ti avvicini alla pace. Non si tratta di reprimere, ma di trasformare. Lasci che la rabbia si dissolva nel respiro. E rispondi con la tua presenza, non con le parole. Non sempre gli altri capiranno il tuo silenzio. Ma il tuo cuore sì. E sarà grato per quella scelta. Perché non hai lasciato che la negatività entrasse. Hai chiuso la porta con gentilezza. E hai continuato a camminare con leggerezza. Ricorda che il silenzio non è vuoto. È pieno di saggezza, di ascolto, di pace. È una risposta profonda a un mondo rumoroso. Il buddismo ci mostra che nel silenzio troviamo la nostra vera voce. Quella che non ferisce, ma risveglia. Quando impari a tacere con consapevolezza, smetti di essere vittima del mondo esterno. Diventi custode del tuo spazio interiore. E da lì puoi irradiare calma ovunque tu vada. Il silenzio diventa così il tuo rifugio e la tua forza. Una pratica quotidiana di libertà. #inseinsegnamentibuddisti #buddismo #buddha