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A chi ci segue con simpatia sul blog “laforzadicambiare.it” gli auguri di Buon Natale e per un Nuovo Anno, meno amaro di quello che lasciamo, li facciamo con Tonino Guerra. Il perché è evidente. Quelle sue parole riscoperte in un’intervista al TGR Marche, un Natale di una decina di anni fa a Pennabilli, ci appaiono, ancor più oggi, di grande attualità. Sono auguri che invitano ad un ritorno alla sobrietà e alla normalità mentre stiamo vivendo la civiltà (?) degli eccessi. In tutti i campi. Che poi non vuol dire tornare indietro, guardarsi alle spalle con la nostalgia dei tempi andati, ma anzi guardare al domani ritrovando il valore delle cose, dei sentimenti, delle parole. Come ci insegna il poeta dovremmo ritrovare la forza di cambiare per non essere travolti. Riscoprendo il silenzio in mezzo a tanto baccano, recuperando il piacere di relazionarci con gli altri, condividendo esperienze, idee e progetti, a maggior ragione tra le diverse generazioni. Senza dimenticare chi non se la passa troppo bene (e sono tanti) per la mancanza di lavoro o per le sofferenze fisiche. E’ proprio questa crisi che può farci trovare la forza di cambiare recuperando speranza, fiducia e voglia di “bellezza” per i nostri territori. Ecco perché abbiamo scelto le parole di Tonino Guerra. Anche se lui non c’è più, restano le sue parole a farci riflettere. Speriamo. E ci piace farlo in concomitanza con la mostra e le altre iniziative che Urbino dedica al poeta, scrittore e sceneggiatore, fino al prossimo marzo. “Amarcord Tonino Guerra tra poesia e polis” l’evento espositivo (curatore Luca Cesari) nelle sale del Castellare di Palazzo Ducale. Occasione per riflettere anche sulla produzione pittorica del poeta e dei suoi amici artisti. La poesia che introduce l’intervista riscoperta è la versione tradotta dall’originale in dialetto romagnolo pubblicata nel libro “Piove sul diluvio” del 1997, nel capitolo che Tonino Guerra dedica al mese di dicembre. E anche qui c’è da che pensare… (Alberto Pancrazi) “Lunedì 23 – Nevica e mi si imbiancano i pensieri. Vorrei smettere di fare tutto. Girarmi fra le mani dei pezzi di legno. Tra poco scoppieranno le fastidiose feste di fine d’anno. Vorrei mangiare con gente elementare e con dei cumuli di timidezza negli occhi. Gente che mangia la sofferenza con le fette della pagnotta che taglia con il coltello. Gente che sa parlare con gli animali. Spesso il conforto e in un certo senso la chiarezza mi arrivano da suggerimenti indecifrabili che raccolgo per caso. Pensieri attorcigliati e pieni di mistero. Qualcosa che si allontana dalla nostra altezzosa razionalità. Piegarsi ad ascoltare alberi o le confessioni disarticolate di memorie analfabete. Spesso navigo dentro una dimensione notturna dell’esistenza come ha detto magnificamente qualcuno e allora posso fidarmi solo di qualcosa che sfugge alle regole di una logica assoluta. Sto bene nell’aria dei tramonti perché mi sembra in un certo senso di far parte della sera. Mi allargo quasi fossi olio che si squaglia o materia che si scioglie in un colore. Mi distendo come si allungano e si disperdono gli odori. Mi slego da tutto e non sto aggrappato a niente. Probabilmente era meglio quando stavo nelle sere come una sostanza compatta e solida.” A n m’arcord piò e’ dè e l’òura mo a sémmi sòtta Nadèl e ò vést ch’e’ caschèva una piòmma da in zòima e’ campanòil: a so rèst a guardè pr’aria cumè ch’a fòss mè ch’e’ vulèva e pianin pianin a so arivàt ma tèra s’una legerèzza che mai. (da “Piove sul diluvio” di Tonino Guerra / Pietroneno Capitani Editori – 1997 / pag. 129-130)