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Nel corso del programma “Belli dentro belli fuori”, condotto da Margherita De Bac e Massimiliano Rosolino su La7, il prof. Paolo M. Rossini, Responsabile del Dipartimento di Neuroscienze dell’IRCCS San Raffaele e coordinatore del progetto nazionale Interceptor – ha parlato dell’importanza della diagnosi precoce del rischio di Alzheimer e dello stile di vita come arma di prevenzione. “Il test sviluppato con il progetto Interceptor – ha spiegato Rossini – non è un test di prevenzione, ma uno strumento per prevedere il rischio di sviluppare la malattia nei soggetti che presentano un lieve disturbo cognitivo, pur restando autonomi nelle attività quotidiane”. In Italia, si stima che quasi un milione di persone rientri in questa condizione: tra loro, ogni anno, emergono circa 100 mila nuovi casi di demenza. Il progetto, finanziato dal Ministero della Salute e dall’AIFA, ha portato alla creazione di un nomogramma, una scheda elettronica semplice da usare anche dai medici di famiglia, in grado di calcolare la probabilità che un soggetto sviluppi la demenza entro tre anni. “Un piccolo numero magico – ha detto Rossini – che consente di concentrare le risorse sanitarie sui soggetti a maggior rischio, proprio quando il cervello è ancora resiliente e in grado di rispondere agli stimoli”. Oltre ai dati clinici e ai test, però, Rossini ha sottolineato l'importanza delle buone abitudini quotidiane: “Il cervello invecchia, ma può essere aiutato. Non si tratta tanto di allenarlo, quanto di rispettarlo: idratarsi regolarmente, fare attività fisica, mantenere relazioni sociali e stimolare le funzioni cognitive sono tutte strategie efficaci per rallentare il decadimento”. Uno stile di vita sedentario, al contrario, riduce gli stimoli sensoriali e cognitivi, impoverendo le connessioni cerebrali.