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Gennaio 1943. La più grande tragedia militare italiana della Seconda Guerra Mondiale. Sessantamila Alpini, le migliori truppe da montagna del mondo, vengono mandati a combattere nelle pianure del Don. Truppe addestrate per scalare le Alpi, armate di muli e cannoni da montagna, schierate contro divisioni corazzate sovietiche con migliaia di carri armati T-34. È una decisione suicida. E quando l'Armata Rossa lancia la sua controffensiva, il Corpo d'Armata Alpino si ritrova accerchiato. Quattro armate sovietiche chiudono ogni via di fuga. I generali russi preparano i campi di prigionia, convinti che sia finita. Ma gli Alpini non si arrendono. Per nove giorni, quarantamila uomini marciano attraverso duecento chilometri di steppa ghiacciata. Temperature a quaranta sotto zero. Combattimenti continui. Ventidue battaglie in quindici giorni. Ogni villaggio è una fortezza da conquistare. Il 26 gennaio 1943, a Nikolajewka, il generale Reverberi sale su un carro armato e grida le parole che entreranno nella leggenda: "Tridentina, avanti!" È l'ultimo assalto. Uomini che non hanno più la forza di camminare si alzano e caricano. E sfondano. Ventimila Alpini tornano a casa. Trentasettemila restano nella steppa. Questa è la storia del più grande atto di resistenza dell'esercito italiano. La storia di uomini che hanno scelto di morire in piedi piuttosto che arrendersi in ginocchio. --- *FONTI:* La ricostruzione della ritirata di Russia e della battaglia di Nikolajewka si basa su molteplici fonti storiche italiane e internazionali. Per la documentazione generale sulla campagna italiana in Russia sono stati consultati gli archivi dell'Ufficio Storico dello Stato Maggiore dell'Esercito Italiano, in particolare i volumi dedicati alle operazioni dell'ARMIR (Armata Italiana in Russia) nel periodo 1942-1943. Il saggio "Sacrifice on the Steppe: The Italian Alpine Corps in the Stalingrad Campaign 1942-1943" di Hope Hamilton fornisce una ricostruzione dettagliata basata su documenti d'archivio italiani, tedeschi e sovietici. Le testimonianze dirette dei sopravvissuti provengono principalmente da tre opere fondamentali della letteratura di guerra italiana: "Centomila gavette di ghiaccio" di Giulio Bedeschi, ufficiale medico della Divisione Julia; "Il sergente nella neve" di Mario Rigoni Stern, sergente del Battaglione Vestone della Tridentina; e "Mai tardi" di Nuto Revelli, ufficiale del Battaglione Tirano. Questi testi offrono una prospettiva diretta sulle condizioni della ritirata e sui combattimenti di Nikolajewka. Per i dati sulle perdite e sulla composizione delle forze sono stati consultati i registri dell'Associazione Nazionale Alpini e le ricerche pubblicate sulla Rivista Militare Italiana. Il Tempio Ossario di Cargnacco conserva documentazione originale sui caduti della campagna di Russia. Le testimonianze tedesche e sovietiche provengono dagli archivi militari di Friburgo (Bundesarchiv-Militärarchiv) e dagli studi sovietici sulla battaglia di Stalingrado, in particolare le analisi del Fronte di Voronezh pubblicate dopo l'apertura degli archivi russi negli anni Novanta. Lo storico britannico John Keegan e l'americano Thomas Schreiber hanno fornito analisi comparative della ritirata alpina nel contesto delle operazioni sul fronte orientale.