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WWW.ECCELLENZECAMPANE.IT - Il biscottificio Mascolo è un'azienda artigiana operante nel settore dei prodotti da forno, erede dell'esperienza di un'antica tradizione familiare cominciata nel 1951, anno in cui il nonno CIRO MASCOLO, da piccolo artigiano, fondò l'azienda. Da allora, il successo raggiunto per l'elevato contenuto qualitativo ed innovativo, ha portato il biscottificio Mascolo, gestito attualmente dalla terza generazione ad un periodo di forte ascesa. La chiave del successo dell'azienda risiede non solo nella scrupolosa ed attenta selezione delle materie prime, nelle metodologie produttive, ancora artigianali e nei tempi di consegna eccezionalmente brevi, che permettono di offrire un prodotto sempre fragrante e con un elevato standard qualitativo, ma anche nella professionalità e la dedizione del vertice aziendale, dei dipendenti e dei collaboratori. Fra i loro prodotti di eccellenza annoveriamo due tipicità partenopee : 'e tarall' 'nsogn' 'e pepe (tarallo napoletano) 'e fresell' 'e gran' (le freselle di grano). Da dove nasca la parola tarallo, non si sa con certezza. Per cui si sprecano le ipotesi: c'è chi dice dal latino "torrère" (abbrustolire), e chi dal francese "toral" (essiccatoio). Facendo riferimento alla sua forma rotondeggiante, qualcuno pensa che tarallo derivi invece dall'italico "tar" (avvolgere), o dal francese antico "danal", (pain rond, pane rotondo). La tesi più attendibile vuole peraltro che tarallo discenda dall'etimo greco "daratos", "sorta di pane". Se non è chiaro da quale etimo nasca il tarallo, si sa invece dove cresce: sotto un panno che ne favorisce la lievitazione. E soprattutto si sa quando il tarallo si è diffuso, e perché. Matilde Serao, che tanto ha scritto su Napoli, e sul tarallo partenopeo, nella sua famosa opera "Il Ventre di Napoli", descrive i famosi "fondaci", le zone popolari a ridosso del porto, brulicanti di una popolazione denutrita e di conseguenza famelica. Il Ventre di Napoli era pieno di gente, ma il ventre di quella gente era spaventosamente vuoto. A riempirlo, dalla fine del 700, ci provavano (e spesso ci riuscivano) i taralli. Dove non c'è quasi nulla, nulla si distrugge, e tutto si crea. Così i fornai non si sognavano neppure di buttare via lo "sfriddo", cioè i ritagli, della pasta con cui avevano appena preparato il pane da infornare. A questi avanzi di pasta lievitata aggiungevano un po' di "nzogna" (la sugna: in italiano, lo strutto, il grasso di maiale) e parecchio pepe, e con le loro abili mani riducevano la pasta a due striscioline. Poi le attorcigliavano tra di loro, davano a questa treccia una forma a ciambellina, e via nel forno, insieme al pane. All'inizio dell'800 il tarallo "'nzogna e pepe" si arricchì di un altro ingrediente che tuttora ne è parte integrante: la mandorla. Non si sa chi l'abbia presentata per primo al tarallo, ma chiunque sia stato, merita la nostra gratitudine: il sapore della mandorla va infatti a nozze col pepe.